Cosa ci racconta Focus sull’emigrazione italiana
Dal 1861 circa 30 milioni di italiani hanno cercato fortuna all’estero. Accolti dagli stessi pregiudizi che oggi spesso noi riserviamo agli immigrati che arrivano nel nostro Paese.
L’articolo di Focus, “Storia dell’emigrazione italiana” ci offre una panoramica dettagliata del fenomeno migratorio italiano tra il 1861 e il 1985, evidenziando aspetti che arricchiscono e, in alcuni casi, differiscono dalle nostre analisi. Per questo motivo vogliamo citarlo e vogliamo approfondire con un confronto critico tra le informazioni fornite da Focus e le nostre affermazioni.
Dimensioni e periodo della diaspora
Focus sottolinea che, tra il 1861 e il 1985, quasi 30 milioni di italiani emigrarono, con oltre 14 milioni di partenze nei decenni successivi all’Unità d’Italia, durante la “grande emigrazione” (1876-1915).
Questi dati ampliano la nostra analisi, che si concentra principalmente sul 900, guardando principalmente l’impatto economico e sociale dell’emigrazione.
La specifica del periodo della “grande emigrazione” evidenzia l’intensità del fenomeno in quegli anni, offrendo una prospettiva temporale ampia e precisa.
La provenienza e la destinazione geografica degli emigranti
Mentre noi ci siamo focalizzati sul nostro territorio e sul fatto che l’emigrazione interessò principalmente le regioni meridionali e le aree montane del Nord, ossia il Veneto, ecco che Focus amplia questa nostra visione.
Molto interessante la menzione di città come Padula, in provincia di Salerno, che vide la sua popolazione dimezzarsi tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento.
Anche i genovesi emigrarono verso l’Argentina e l’Uruguay già prima del 1861.
Focus evidenzia che circa un terzo degli emigranti italiani aveva come destinazione il Nord America, ma sottolinea anche altre mete significative, come il Brasile, soprattutto dopo l’abolizione della schiavitù nel 1888.
Questa prospettiva arricchisce la nostra comprensione, evidenziando l’ampissima partecipazione al fenomeno migratorio!
Nel secondo dopoguerra ci fu una ripresa dell’emigrazione dall’Italia agli Usa.
Ma ormai si era aperta una nuova rotta verso l’Europa del Nord: Francia, Germania e Belgio le mete più gettonate.Eppure nemmeno qui i nostri connazionali furono accolti a braccia aperte, anche perché il 50% partiva come clandestino, senza lavoro. Sfidando leggi e pregiudizi e assediando frontiere nell’irriducibile speranza di garantirsi una vita migliore.
Chi emigrava?
Bellissima la menzione che ci ricorda l’emigrazione di intere famiglie dal Veneto e dal Meridione verso molti paesi, in primis il Brasile, incentivata da programmi di colonizzazione.
Questi dettagli possono ampliare notevolmente la nostra precedente analisi su chi emigrava e perchè e sulle “Rondinelle”, evidenziando ulteriori dinamiche migratorie.
A partire non erano solo braccianti. Gli strati più poveri della popolazione in realtà non avevano di che pagarsi il viaggio, per questo tra gli emigranti prevalevano i piccoli proprietari terrieri che con le loro rimesse compravano casa o terreno in patria.
Le condizioni di viaggio e arrivo
Un punto che ci sta molto a cuore, ma che in questa prima stesura del progetto “La nostra storia altrove” non abbiamo avuto modo di approfondire.
L’articolo descrive le difficili condizioni affrontate dagli emigranti durante il viaggio, estremamente importanti per comprendere appieno a cosa andavano incontro i nostri avi.
Chi partiva dal Nord si imbarcava a Genova o Le Havre, mentre dal Sud si partiva da Napoli.
Pochi potevano permettersi il viaggio, e quasi sempre non era di lusso! I passeggeri di terza classe affrontavano viaggi di un mese con comfort minimi, come un sacco di paglia per dormire e un orinatoio ogni 100 persone.
Al loro arrivo a Ellis Island gli emigranti venivano sottoposti a rigorosi controlli sanitari e psico-attitudinali. Chi non superava i controlli veniva marchiato con una “X” e rimandato indietro.
Un viaggio estremamente duro, per poi affrontare un futuro estremamente incerto e difficile!
Molti morivano prima di vedere il Nuovo Mondo. Una volta arrivati, superato l’umiliante filtro dell’ufficio immigrazione di Ellis Island, iniziava la sfida per l’integrazione.
Pregiudizi e discriminazione
Focus approfondisce il tema dei pregiudizi affrontati dagli italiani all’estero, menzionando che negli Stati Uniti gli italiani erano considerati “non bianchi” e spesso associati a stereotipi negativi come “assassini, anarchici e mafiosi“.
Questa prospettiva ci spinge a fare riflessioni e analisi sull’impatto sociale dell’emigrazione, evidenziando le sfide di integrazione e i pregiudizi affrontati dagli emigranti italiani allora, che si rispecchiano in molte vicende attuali.
Se in Sud America conquistarsi un posto nella nuova patria fu più facile, negli Stati Uniti era una faticaccia. I nostri connazionali preferivano così ghettizzarsi nei quartieri italiani e frequentare scuole parrocchiali, rallentando così la diffusione dell’inglese nelle comunità.
Negli Stati Uniti che da poco avevano abolito la schiavitù si diceva che gli italiani non erano bianchi, “ma nemmeno palesemente negri”. In Australia, altra destinazione, erano definiti “l’invasione delle pelle oliva”. E poi ancora “una razza inferiore” o una “stirpe di assassini, anarchici e mafiosi”.
Le informazioni aggiuntive sulle dimensioni del fenomeno, le diverse aree di provenienza e le destinazioni degli emigranti, le condizioni di viaggio e le discriminazioni da loro subite offrono una comprensione più completa e sfaccettata dell’esperienza migratoria italiana. Questo confronto critico evidenzia l’importanza di considerare molteplici prospettive e fonti per una narrazione storica accurata e completa… che speriamo di potervi offrire in queste pagine quanto prima!